La
quota
per le
adozioni
a
distanza
è di 23
Euro al
mese,
che
vengono
utilizzati
cosi':
20,50
alla
persona
adottata
1,50 per
progetti
di
carattere
collettivo
1,00
(contributo
non
obbligatorio,
ma certo
necessario)
per le
coprire
le spese
di
ufficio
(affitto,
telefono,
commercialista,
computer,
posta,
cancelleria
ecc.)
Lo staff
dell’Associazione
è
composto
da
volontari
che
lavorano
gratuitamente.
Tutti i
soldi
rimasti
dopo
aver
pagato
le spese
di
ufficio
vengono
aggiunti
al fondo
per i
progetti
collettivi.
Chi non
può
assumersi
l’impegno
morale
di
continuare
l’adozione
per
almeno
tre anni
può fare
delle
offerte
libere,
anche di
modesta
entità,
e così
sostenere
indirettamente
tutta
una
comunità.
Tutti i
versamenti
sono
deducibili
fiscalmente.
Il
denaro
raccolto
viene
periodicamente
mandato
in India
e Nepal,
dove
viene
preso in
consegna
e
distribuito
ai
destinatari
da
persone
di
fiducia.
Quando i
responsabili
di Yeshe
Norbu si
recano
sul
posto
(sempre
a
proprie
spese)
compiono
dei
controlli
per
verificare
il buon
andamento
dell’attività.
In
seguito
all’adozione
si
sviluppa
uno
scambio
di
lettere
e di
foto tra
adottato
e
adottante,
che
spesso
diventa
un
rapporto
personale
profondo
che va
molto
oltre la
gratitudine
per
l’aiuto
economico.
Numerose
persone
sono
andate
in India
o in
Nepal
per
conoscere
i loro
"figli
adottivi"
e vedere
direttamente
le
condizioni
in cui
vivono,
e molti
da
semplici
adottanti
sono
diventati
sostenitori
attivi
dell’Associazione
e
collaborano
all’organizzazione
delle
sue
iniziative.
Per
tutte le
informazioni
www.adozionitibet.it
Tibet:
Una
tragedia
dimenticata
Un
popolo
pacifico
e una
antica
cultura
in
pericolo:
La
cultura
del
Tibet,
con i
suoi
valori
di
tolleranza
e non
violenza
profondamente
radicati
nella
popolazione,
è un
patrimonio
dell’intera
umanità
che
rischia
di
scomparire
per
sempre.
La
tragedia
del
popolo
tibetano
dura
ormai da
oltre 50
anni.
Tra
l’indifferenza
di tutte
le
nazioni,
nessuna
delle
quali
aveva
interessi
petroliferi
nella
zona,
nel 1959
l’Esercito
Popolare
Cinese
completò
l’occupazione
del
Tibet
iniziata
in
sordina
nel
1950,
annettendo
un
territorio
vasto
come
metà
dell’Europa
e
aprendosi
la
strada
in
direzione
dell’Asia
meridionale.
Per
vincere
il
radicato
spirito
di
indipendenza
dei
tibetani
il
governo
cinese
ha messo
in atto
un
programma
sistematico
di
eliminazione
di tutti
i punti
di
riferimento
culturale
e
religioso,
che ha
portato
alla
distruzione
quasi
totale
di
scuole,
biblioteche,
luoghi
di culto
e opere
d’arte
sacra
risalenti
spesso a
più di
mille
anni.
Si
calcola
che in
questi
quattro
decenni
circa
1.200.000
tibetani
siano
morti a
causa
della
repressione
e degli
sconvolgimenti
sociali
ed
economici
che ne
sono
derivati
...
I
profughi
Oltre
al Dalai
Lama,
premio
Nobel
per la
pace
1989,
più di
135.000
dei sei
milioni
di
tibetani
si sono
rifugiati
in India
e Nepal
per
sfuggire
alla
persecuzione
religiosa
e
cercare
di
preservare
le basi
della
loro
cultura,
e ancora
oggi
continuano
ad
arrivare
numerosi
nei
campi
profughi.
Tra
queste
persone
ci sono
uomini e
donne di
ogni
eta’ e
molti
bambini,
e in
questi
quattro
decenni
ne sono
nati
molti
altri,
spesso
in
condizioni
proibitive.
Nell’aria
tersa
dell’altopiano
tibetano
le
malattie
infettive
erano
praticamente
sconosciute,
ma nei
campi
profughi
tubercolosi,
malaria
e
denutrizione
hanno
imperversato
per
lunghi
anni,
prima
che
alcune
organizzazioni
umanitarie
riuscissero
a
mitigare
la
situazione.
Comunicato
Stampa a
cura di
YESHE
NORBU
-
APPELLO
PER IL
TIBET
ONLUS
ORGANIZZAZIONE
NON
LUCRATIVA
DI
UTILITA'
SOCIALE
ADOZIONI
A
DISTANZA
E ALTRI
PROGETTI